32 metafiabe disincantate tra cinismo, danbenaggine e… sfiga

…e Biancaneve avvelenò la Strega

FAVOLE FUORI DAL SOGNO SENZA MAGÌE NÉ HAPPY END



Il veneziano Paolo Mameli rovescia il fantasy, evita l’horror e aggiunge l’ironia cattivella di chi sa cos’è la vita. Un sorriso venato di gentile sarcasmo


di Paolo Coltro



Quasi cattivo. O meglio, affabilmente cinico. Temperando sempre questo cinismo con l'ironia, cosicché scrive sorridendo fin dall'inizio, e il lettore sorride alla fine. Lui è Paolo Mameli, veneziano creativo (architetto dedito alla grafica, ai fumetti, alle guide, ai libri noir e fantasy) che questa volta si tuffa nel mondo delle fiabe. Per ri-raccontarle nel suo ….e Biancaneve avvelenò la strega. Trenta metafiabe disincantate tra cinismo, dabbenaggine e sfiga, pillole di saggezza alla rovescia, short stories che fanno una capriola, e dalla fantasia tornano alla realtà. Presentazione oggi a Mestre, alle 18 al Palco, con l’autore e Salvatore Esposito. Mameli sa cosa scrive, non è un distruttore di mondi incantati, non ha l'animo perverso di chi odia il lieto fine, ma ha mezza vita alle spalle, sa come va il mondo. Il suo gioco è quello di riportare nella realtà un altro mondo, quello metareale delle fiabe, per dire che nella vita le cose vanno in modo diverso. Il cielo non è sempre azzurro, può anche piovere; e il Principe Azzurro si faccia un controllo, potrebbe avere l'Aids.


«Ho riscritto queste fiabe sfrondandole da zuccherosi perbenismi e da ambigue assurdità», dice Mameli, e l'operazione ha un suo senso. D'altra parte ci avevano pensato anche i maestri delle favole. Secondo i fratelli Grimm, il finale di Biancaneve era questo: la fanciulla va ad un matrimonio, ma le fanno trovare delle pantofole di ferro arroventate sulle braci; è costretta ad indossarle e a ballare finché cade morta. E come va a finire l'apoteosi di Cenerentola, sempre per i Grimm? Che viene accompagnata all'altare dalle due sorellastre: ma arrivano degli uccellacci che si avventano sulle due damigelle, e cavano loro un occhio ciascuna; poi altro svolazzo, secondo giro, e via anche l'altro occhio. Le due signorine vagano urlando, ferite e cieche, mentre Cenerentola si sposa impassibile. L'horror abbonda nella fantasia degli autori: quanti sventramenti, lupi che inghiottono vittime umane e animali, magari tutte intere così da poter essere “recuperate”, previo sbudellamento a fin di bene. Per arrivare all'happy end si cammina su sentieri inondati di sangue, si passa in mezzo a violenze inaudite, esagerazioni da grand guignol il cui messaggio subliminale, per gli ascoltatori in tenera età, era: guarda che la vita può riservarti anche questo. Salvo poi cancellare tutto con un colpo di spugna intrisa nel miele.


Cosa fa Mameli? Toglie il miele, buca il pallone gonfiato degli artifizi e degli effetti speciali che l'intervento fuori campo della magia immette nelle fiabe. Le rende “storie” plausibili, anzi vere: perché in genere così vanno a finire le cose, sul serio. In fondo, sono più istruttive: il loro insegnamento, leggero anche negli esiti nefasti, è che non si può sempre vivere di sogni. Servono, i sogni, eccome: basta sapere che sono sogni. Anche Christian Andersen, quello dei personaggi tutti carinerie, fa finire fuso il soldatino di piombo. E in una favola meno conosciuta, Fanciulla ebrea, la fa morire praticamente arsa dal fuoco della fede. (cristiana), e tutta la consolazione è che il sole scalda anche la sua tomba, fuori dalla cinta del cimitero cristiano perché era ebrea. Contenta lei...


Insomma, una bella iniezione di sano realismo, occhi aperti sul mondo com'è e non come dovrebbe essere. Scremando l'orrore che viene ammannito senza che sembri, ma eliminando anche le finzioni bugiarde. Ai bambini magari queste fiabe vanno date con il contagocce, qualcuno potrebbe piangere. Ma agli adulti andrebbero date in dosi massicce, perché non è mai troppo tardi per aprire gli occhi. E' vero, dovremo affrontare il cinismo. Ma è anche vero che la prima reazione, arrivati all'ultima parola, sarà un sorriso. Beffardo.




04 aprile 2012



(Articolo pubblicato su LA NUOVA VENEZIA;  IL MATTINO DI PADOVA e LA TRIBUNA DI TREVISO) 

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